Musica e Spettacolo

Sanremo 2025, prima serata: Musica o TV?

Le pagelle: ritmo e spettacolo, ma le canzoni? Bene Giorgia, Corsi, Brunori, Olly, Thiele, Rose.

Di Claudio Cabona / Gianni Sibilla

La prima serata del Festival di Sanremo è filata via liscia e con un gran ritmo: una sequenza di canzoni senza pause, che ha chiuso all’1 e 20, addirittura in anticipo rispetto alla scaletta. La grande novità del Festival di Carlo Conti rispetto a quello di Amadeus è più televisiva che musicale: meno fronzoli, una regia più pulita ed efficace, poco contorno. Ma il livello delle canzoni di questa edizione si conferma generalmente basso, riaffermando le impressioni che avevamo avuto agli ascolti e alle prove. Qua la top 5 decretata dalla stampa: Brunori, Lucio Corsi, Cristicchi, Achille Lauro, Giorgia

Top e flop

Giorgia e Olly (anche se il giovane cantautore non è nella cinquina finale della stampa) si confermano tra gli artisti favoriti, tra le nostre preferite segnaliamo Brunori Sas, Lucio Corsi e Joan Thiele – con proposte di classe che si discostano dalla dicotomia ballata vs. cassa dritta. Bene anche Rose Villain (canzone simile a quella dell’anno scorso, ma ottima performance e presenza scenica) e Shablo, con il suo hip-hop old school che rende bene anche in tv. Male Tony Effe in versione Califano, ma anche Rkomi un po’ fuori fuoco.

Lo spettacolo di Jovanotti

Menzione speciale al momento spettacolare con Jovanotti, ospite speciale che si è esibito con i Rockin’ 1000 dislocati fuori dal Teatro Ariston: Lorenzo è entrato dalla strada al teatro cantando un medley di canzoni, facendo poi cantare la platea, e infine dialoga con Carlo Conti e con Gianmarco Tamberi esibendosi in ultimo piano e voce con Dardust. Una performance imperfetta vocalmente, ma dal forte impatto televisivo.

Le nostre pagelle

Nella prima serata ha votato la sala stampa: per ogni performance/canzone i giornalisti hanno espresso un voto da 1 a 10, determinando così la prima classifica parziale (comunicate solo le canzoni in testa). Rockol è tra le testate presenti e accreditate in sala stampa: in questa pagina trovate le nostre pagelle. Come sempre, argomentiamo come sono state attribuite le votazioni sulla base delle canzoni (che avevamo già ascoltato in anteprima) e sulle performance che abbiamo visto in TV, dalla sala stampa. Volutamente non troverete stroncature o voti troppo bassi. 

The Kolors – “Tu con chi fai l’amore”: 5
Un tormentone  tra “Italodisco” e Raffaella Carrà: i Kolors tornano con un format consolidato che probabilmente funzionerà molto bene in radio. Qua lascia perplessi.

Francesca Michielin – “Fango in Paradiso”: 6
Una break-up song interpretata con intensità: meglio rispetto a quando l’abbiamo ascoltata la prima volta. Ma tra le tante ballate di questa edizione si perde un po’ (anche per la collocazione nella parte finale della scaletta). Da riascoltare.

Rocco Hunt – “Mille vote ancora”: 6
Fa se stesso, rappa e canta tra italiano e napoletano, raccontando la sua storia, tra strada e quartiere. La canzone gira ma non è una novità.

Joan Thiele – “Eco”: 8
In senso strettamente musicale, è la canzone più bella di questo festival, per scelte sonore e arrangiamento. Performance forse un po’ migliorabile, ma crescerà. 

Sarah Toscano – “Amarcord”: 5
Un brano, interpretato abbastanza bene, che però musicalmente ha un’elettronica facilona, senza idee che stupiscono.

Bresh – “La tana del granchio”: 7
Una ballata con un bel ritornello che profuma di salsedine. Un testo, tra realtà e sogno, in cui si racconta a cuore aperto.

Fedez – “Battito”: 5
“Dentro i miei occhi, guerra dei mondi”. Con delle lenti che, agli occhi, regalano un effetto “mostro” presenta un brano sulla depressione. Ci mette tutto quello che può, gioca quasi tutto sulla performance. Il brano è costruito in modo spigoloso, e non del tutto a fuoco.

Lucio Corsi – “Volevo essere un duro”: 8
Parte al pianoforte, poi si prende il palco con la chitarra. Conquista l’ascoltatore con delicatezza e poesia, ricordandoci la meraviglia dell’essere “normali”, lui che è un sognatore alieno.

Clara – “Febbre”: 5
Sfrutta molto bene la regia, gioca con le telecamere e con il pubblico, sa stare sul palco, ma il brano non si distingue in modo così profondo.

Modà – “Non ti dimentico”: 5
Un brano, suonato, alla Modà: secchiate di romanticismo un po’ frivolo in salsa pop-rock, con la voce di Kekko a fare da collante.

Brunori Sas – “L’albero delle noci”: 8
In smoking, ma con la chitarra Gretsch in mano: è la rappresentazione di Brunori, elegante ma radicato in un mondo musicale diverso. Classe e scrittura, una delle nostre preferite.

Serena Brancale – “Anema e core”: 5
Un pezzo divertente, che riscalda il pubblico, lei brava a catturare l’occhio, ma la canzone, al di là del movimento, non raggiunge alcuna vetta.

Tony Effe – “Damme ‘na mano”: 4
Il trapper delle polemiche, elegantissimo, con tutti i tatuaggi coperti, in versione Califano. L’intelligenza artificiale non c’entra. Uno dei momenti più surreali del Festival.

Massimo Ranieri – “Tra le mani un cuore”: 6
Cosa vuoi dire a Massimo Ranieri? Classe e ancora classe. La canzone, anche se porta le firme di Nek e Tiziano Ferro, non è memorabile, ma la sua performance la rende un classico. Probabilmente in un Festival di qualche anno fa si sarebbe giocato la vittoria.

Shablo feat. Guè, Joshua & Tormento – “La mia parola”: 7
Facciamo una petizione per far sì che Gué, uno dei rapper più importanti in Italia, non venga più chiamato erroneamente “Ghé”. Il pezzo con le sue sfumature black (Shablo è in console, i suoi compagni di viaggio rappano) lascia delle belle vibrazioni.

Elodie – “Dimenticarsi alle 7”: 6
La performance c’è, lei è espressiva, verace e potente, ma il brano non convince del tutto.

Olly – “Balorda nostalgia”: 8
Ballatona da cantare a squarciagola. Ha la forza e le capacità per arrivare fino in fondo. Sente il pezzo adosso, lo ha scritto lui, e trasmette quell’emotività senza barriere.

Rose Villain – “Fuorilegge”: 7
Performance totale: vocale, fisica, nell’outfit e nell’attitudine. Si mangia il palco. Certo, il brano ricorda “Click boom”, ma è anche vero che quello è il suo stile. Si distingue e continuerà a farlo per tutta la durata del Festival.

Willie Peyote – “Grazie ma no grazie”: 6
Brano ricco di ritmo che gioca sui luoghi comuni e sul conservatorismo. Un Willie in versione più allegra, ma non per questo non corrosivo. Fa, da sempre, il suo, senza snaturarsi. Le coriste danno un bel tocco black al brano.

Giorgia – “La cura per me”: 8
Rispetto alle prove si lascia andare e il brano si accende, con la voce che dona vigore e intensità a una performance che buca. E non è ancora al massimo delle sue potenzialità perché la prima prova è sempre velenosa. Fate voi.

Achille Lauro – “Incoscienti giovani”: 7
Un Lauro in versione “serio” presenta un pezzo dal sapore retrò, cantautorale, che racconta anime ai margini. Lo interpreta bene, con trasporto e forza. La tecnica non è il suo forte, ma quel suo modo di cantare sporco funziona, eccome.

Marcella Bella – “Pelle diamante”: 5
Il balletto sexy è un momento tra trash, camp e cringe: scegliete voi. Un tecnopop che si riassume nella strofa “La mia più grande fan sono io”.

Simone Cristicchi – “Quando sarai piccola”: 7
Lui è visibilmente emozionato, la performance è imperfetta nel senso buono.  Interpretazione intensa, misurata, archi a sottolineare il racconto di un genitore che invecchia. Mira al Premio della Critica, si fa notare perché è diversa da tutto il resto. Tutto al posto giusto, forse troppo: il suo pregio e il suo limite è che è più una canzone da Club Tenco che da Festival.

Coma_Cose – “Cuoricini”: 5
Una performance didascalica. Se non l’avete capito, parla di cuoricini: presenti nel testo, sul palco, nei gesti. È un tormentone di cui non ci libereremo facilmente. Però ridateci “Fiamme negli occhi”.

Irama – “Lentamente”: 5
Irama ci riprova, con una delle sue ballate intense, ed esibisce una progressione ritmica che prova a ricordare “Fix you” dei Coldplay (ovviamente inarrivabile). Entra con cappotto oversize che toglie per mostrare i bicipiti: una delle tante ballate, una canzone che  fa rimpiangere le precedenti partecipazioni di Irama.

Noemi – “Se t’innamori muori”: 6
Un pezzo alla Noemi, senza grandi sorprese anche se c’è lo zampino di Mahmood, Blanco e Michelangelo. Lei lo interpreta con grinta e forza, ma ha il sapore del già sentito.

Rkomi – “Il ritmo delle cose”: 5
Un brano ben scritto a livello contenutistico, dal testo tutt’altro che scontato, ma che non mette le ali. Rkomi è un po’ cantautore, un po’ rocker, non se ne comprende del tutto l’identità.

Francesco Gabbani – “Viva la vita”: 7
Non ci aveva convinto agli ascolti, sul palco è un’altra cosa, anche grazie alla presenza scenica di Gabbani. Che parte sempre da outsider, ma poi… La ballata è classica, ben scritta e ben interpretata.

Gaia – “Chiamo io chiami tu”: 5
Un corpo di ballo, un tormentone nel vero senso della parola, con la ripetizione all’infinito del ritornello. Potrebbe essere Eurovision, potrebbe essere l’estate, invece è febbraio e siamo al Festival. Ha il compito non semplice di aprire le danze (nel vero senso della parola), però la canzone è quella che è.

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