Halaesa Arconidea, la campagna di scavi archeologici, intervista all’ archeologa Michela Costanzi

Si e’ conclusa in questi giorni la campagna di scavi e di ricerche nel sito archeologico di. Halaesa nel Comune di Tusa (Me). Anche quest’ anno essa è stata avviata dalla missione italo- inglese delle Università di Messina e Oxford, presso l’area sacra del Santuario di Apollo, sull’acropoli settentrionale, e dalla missione francese dell’Université de Picardie Jules Verne (UPJV) di Amiens, nella zona dell’acropoli meridionale e nella sottostante area del teatro antico. La missione dell’Università di Palermo, che lavora su una porzione delle mura orientali,arriverà a fine agosto.
Le campagne di scavo sono divenute ormai un appuntamento fisso, per le università e per il territorio che accoglie i componenti delle missioni scientifiche. Esse si svolgono grazie alla concessione rilasciata dal Parco Archeologico di Tindari, sotto l’egida dell’Assessorato regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana e della Soprintendenza dei Beni Culturali ed Ambientali di Messina, e con la partecipazione del Comune di Tusa. Tanti sono i dottorandi, archeologi specializzati e studenti degli atenei oltre che studiosi italiani e stranieri che hanno partecipato anche quest’anno ai lavori. Il Comune di Tusa ha fornito, come in passato, l’ospitalità a tutti i partecipanti confermando così l’interesse dell’amministrazione per lo sviluppo culturale del territorio. La missione archeologica italo-inglese è diretta dai professori Lorenzo Campagna e
Jonathan Prag delle Università di Messina e Oxford, quella di Palermo dal professore Aurelio
Burgio, quella francese dalla professoressa Michela Costanzi dell’UPJV di Amiens, ed e’ proprio
a lei che facciamo delle domande in merito alle novità sulla campagna di scavo, oltre a riflessioni sul futuro del sito archeologico.


L’occasione è la giornata conclusiva della campagna archeologica dove gli illustri
professori hanno presentato in convegno, alla presenza di esperti e neofiti e della popolazione
di Tusa, gli ultimi risultati di questo costante lavoro di ricerca e di studio. C’è da dire che la giornata è stata anche l’occasione per gli enti patrocinatori, cioè il Comune di Tusa, con l’avallo
della Regione Siciliana-Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana e della Soprintendenza dei BB.CC.AA. di Messina, di comunicare ai partecipanti l’importante
notizia che la Regione Siciliana ha stanziato il finanziamento per lo scavo del teatro antico
recentemente scoperto ad Halaesa proprio dalla missione archeologica francese dell’UPJV.

Per quanto riguarda lo stato della campagna di scavi ci siamo rivolti alla Professoressa
Michela Costanzi di cui sono apprezzate le competenze.
Michela Costanzi, professoressa di Storia ed archeologia classiche all’Université de
Picardie Jules Verne di Amiens e direttrice della Missione Archeologica Francese di Halaesa,
ha una laurea in Lettere Classiche all’università di Macerata con una tesi sulle relazioni tra
Siracusa e le sue colonie, un dottorato in Storia ed Archeologia all’Università Sorbonne, con
un lavoro sulle colonie fondate da colonie greche in Sicilia, un Habilitation à Diriger les Recherces (HDR) sulla storia di Halaesa dalla fondazione alla fine del III secolo a.C. Da sempre, dunque, si occupa della storia della Sicilia antica, con un’attenzione particolare ai fenomeni di fondazione di città nel periodo arcaico e classico, alle forme della mobilità ed ai contatti ed alle relazioni geopolitiche nella Sicilia, in generale, e nella zona della costa nord, in particolare.
Professoressa Costanzi, può dirci come è nata la missione dell’università di Amiens sul sito
di Halaesa, da lei diretta? E può fare un bilancio di questi anni di campagne di scavi e dei
rinvenimenti più significativi della campagna di quest’ anno?

La sua è una domanda molto complessa che richiederebbe una risposta più approfondita.
Cercherò allora di fare una breve sintesi. La Missione Archeologica dell’UPJV è nata quando
un mio amico e collega, Gianpaolo Nadalini, nel 2015 di passaggio a Tusa, ebbe l’occasione di
conoscere il sito e di parlare con il sindaco del Comune di Tusa, Angelo Tudisca, del progetto
di far venire ad Halaesa delle missioni straniere. Gianpaolo Nadalini mi mise in contatto con il
Sindaco di cui ho condiviso fin da subito il progetto di dare al territorio, attraverso l’archeologia, la materia per attirare visitatori e sviluppare un turismo culturale, ma anche di dare ai giovani di Tusa le ragioni e le possibilità di non doversi allontanare da queste terre meravigliose, ma poco valorizzate.


Cosi, appoggiandomi sui miei temi di interesse e di ricerca sulla Sicilia antica e sullo sviluppo urbano attraverso le epoche, nel 2016 ho presentato un programma scientifico alla mia università, che si è subito convinta dell’importanza di aderire a questo progetto. Tale programma scientifico, approvato anche dalle istituzioni siciliane, è il nucleo fondamentale del programma di ricerche che è alla base delle convenzioni firmate tra il Parco Archeologico di Tindari, il Comune di Tusa e la mia università. È giusto ricordare che per i primi due anni, sono stata aiutata dal mio collega Vincent Michel dell’Università di Poitiers. Dal 2019, dirigo sola un’equipe che ha visto intervenire vari specialisti di varie istituzioni francesi (Inrap, IRAA,
Université de Lille-Halma, etc.) e studenti di varie università francesi (UPJV, Université Sorbonne-Paris 4, Université de Paris-Nanterre, Université de Bordeaux, etc.).
La missione dell’UPJV lavora su due settori della città antica: dopo qualche campagna sulla
zona a sud dell’agorà, i nostri sforzi si sono soprattutto concentrati sulla parte nord del sito,
nella zona dell’acropoli meridionale e la zona sotto il muro a contrafforti, dove c’è stata la scoperta più eclatante, quella del teatro antico di imponenti dimensioni, ancora sepolto, per ora, sotto metri di terra, della cui esistenza non erano mai state fornite prove in precedenza, prima dei nostri lavori. Nella zona dell’acropoli meridionale, la cui punta nord si trova proprio sopra al teatro, invece, abbiamo rinvenuto delle strutture che appartengono certamente ad un quartiere artigianale: due cisterne, due fornaci ed i resti di altri edifici legati a quest’ultime.


Questo quartiere, del quale dobbiamo ancora capire il contesto preciso, che si colloca qui
nonostante tutte le difficoltà, dovute al fatto che bisogna far arrivare qui tutte le materie prime, sembra delinearsi per il momento come essendo in stretta relazione con il santuario di Apollo che si trova sulla punta settentrionale dell’acropoli, proprio difronte. Qui venivano fabbricate le ceramiche che i fedeli che si rendevano al Santuario compravano per offrire alla divinità. Un po’ come i mercanti di oggetti che si trovano all’entrata del santuario di Tindari…
Se possiamo capire facilmente questa relazione tra i quartieri è perché lavoriamo in stratta collaborazione con la missione italo-inglese di Messina ed Oxford, che scava sul santuario, e con la quale condividiamo i dati, per facilitare le nostre interpretazioni. La grande collaborazione tra tutte le missioni è una caratteristica più volte sottolineata che contraddistingue il lavoro archeologico svolto ad Halaesa.
L’eco delle scoperte ha acceso i riflettori sul sito. Cosa ritiene ci da fare per darne maggiore
visibilità?

Quest’ anno, come ogni anno, abbiamo collaborato strettamente con al Comune di Tusa che ha promosso la “Settimana della Cultura” dal titolo “Ri-trovare Halaesa”. Eventi come la Summer School archeologica per i ragazzi, oppure le “Porte aperte” con la possibilità di visitare gli scavi con gli archeologi che conducono i lavori, oppure l’esibizione nella suggestiva location dell’Agorà del “Quartetto Montalbano”, condotta dai professori dell’Orchestra Sinfonica Siciliana, sono tutte iniziative che servono certamente a dare visibilità al sito archeologico, attirando in loco tanti visitatori diversi, dai più piccoli ai più grandi, da coloro che conoscono il sito e vogliono scoprirlo di più a quelli che non lo conoscono ancora.
Considero molto importante anche la comunicazione digitale. La nostra missione dispone di una pagina Facebook (https://www.facebook.com/MAFHAL/) per far conoscere le nostre attualità; da poco tempo, con due studenti della mia università (Jérémy Porteman e Léo François) ho creato un canale YouTube che si chiama Antiquités Siciliennes
(https://www.youtube.com/channel/UC5esVXcNcli8Wsa–SjaaPQ). Esso serve a promuovere
la storia, l’archeologia e la cultura siciliane in Francia; in particolar modo, una serie intera è
consacrata ad Halaesa, con specialisti che presentano la storia ed i monumenti della città
antica.
Che previsione pensa di fare sul futuro del sito di Halaesa?
Guardo positivamente al futuro delle nostre missioni archeologiche ed al futuro del sito
di Halaesa, soprattutto alla luce delle ultime notizie comunicate dalla Regione Siciliana. Sono
convinta che lo scavo del teatro, di cui la mia missione è riuscita a mettere in luce gli elementi
fondamentali della struttura, offrirà non solo un tema di ricerca scientifica molto importante
ad un livello internazionale, ma anche una visibilità grandissima a questo sito che potrà
diventare un sito principale in Sicilia.
Halaesa è un sito molto importante, nel quale molto resta ancora da scoprire. Per questa
ragione, le istituzioni siciliane (Regione, Parco di Tindari e Soprintendenza di Messina) si
stanno impegnando; per questa ragione, il Comune di Tusa con i sindaci che si sono succeduti
negli ultimi anni, Angelo Tudisca e Luigi Miceli, da anni è in prima linea; e anche noi, come
direttori delle rispettive missioni archeologiche, ci adoperiamo per la scoperta e la valorizzazione di questo sito.
Halaesa ed il suo territorio vanno valorizzati ed io sono orgogliosa di poter partecipare a
questo progetto, insieme alle istituzioni.

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