La sostenibilità al centro delle performance economico-finanziarie

La sostenibilità al centro delle performance economico-finanziarie

La rendicontazione della sostenibilità delle aziende, quale elemento chiave per spiegare le performance economico-finanziarie e non di lungo periodo delle imprese, è stata al centro dell’incontro al Castello del Buonconsiglio dedicato al tema «Sostenibilità e imprese», che ha avuto come relatori Silvia Angeloni che insegna analisi di Bilancio all’Università Statale di Milano, Chiara Demartini, docente di Economia aziendale presso l’Università di Pavia e Maurizio Fieschi, Ceo Studio Fieschi, Gruppo Tinexta. Sala piena e pubblico che alla fine, con alcune domande, rimanca i temi analizzati dai relatori.

Partiti dall’assunto che le aziende che presentano migliori performance di sostenibilità riescono a ottenere capitale di debito e rischio a un costo più contenuto rispetto alle aziende meno virtuose sotto il profilo della sostenibilità, Demartini ha spiegato come «le aziende possono adottare diverse strategie legate alla rendicontazione della sostenibilità, mostrando un approccio più “autentico”, in cui le aziende tendono a comunicare maggiormente e in modo più efficace le proprie performance per fornire maggiori informazioni agli stakeholder, che quindi assumeranno delle decisioni sulla base di queste informazioni e, tendenzialmente, supporteranno le aziende che mostrano migliori performance. Tale approccio viene denominato incremental information, proprio perché porta le aziende a fornire maggiori informazioni per ottenere vantaggi competitivi sul mercato. Altre aziende, invece, adottano una strategia di rendicontazione della sostenibilità denominata impression management, in cui le società comunicano un’immagine migliore di sé rispetto alle effettive performance di sostenibilità per sfruttare i vantaggi conseguenti».

Questo approccio è motivato dall’assunzione, come spiega Demartini, per cui «il mercato non è in grado di distinguere tra un’informazione veritiera e una falsa, o migliorativa, o ancora nascosta, agli stakeholders, portando così a fenomeni di greenwashing, con conseguenti distorsioni nei mercati. Per mitigare il rischio di adozione di strategie di impression management e la diffusione del greenwashing, la letteratura scientifica sta studiando da diversi anni quali siano le principali caratteristiche in grado di spiegare efficacemente il livello di trasparenza dell’informativa legata alla sostenibilità. Tra quelle maggiormente condivise si trovano la completezza, la sinteticità, la leggibilità, e il tono». Silvia Angeloni invece evidenzia come «la sostenibilità sia da tempo tra le priorità dell’agenda dei policy-maker europei e internazionali, ed è, sempre più, al centro dell’attenzione dei mercati finanziari e del mondo delle imprese. Tuttavia, con una inaspettata accelerazione della storia, il 2024 rappresenta uno spartiacque, destinato a cambiare il volto delle informazioni aziendali e, soprattutto, il modo di fare impresa. Grazie a una serie di serrati interventi legislativi, la sostenibilità sarà la nuova normalità dell’impresa, imponendo un ripensamento delle strategie e dei modelli di business, nonché una rivisitazione dei processi interni ed esterni aziendali, per valutare e misurare la capacità dell’impresa di allinearsi ai criteri Esg (environmental, social e governance)».

Angeloni spiega come “l’Università degli studi di Milano cerchi di fare formazione e informazione su un tema così attuale e delicato come la sostenibilità, attraverso il «Canale sostenibile», uno dei 18 stream di ricerca dell’hub scientifico Human All, nell’ambito del Progetto Musa finalizzato a conoscere e a far conoscere le buone prassi di aziende sostenibili e inclusivi, usando lo strumento agile e diretto delle interviste aziendali.

Da qui la raccolta delle esperienze di 13 importanti aziende sostenibili, a cominciare dalle loro iniziative nel campo della diversità, dell’inclusione e del welfare. «Lo studio, a cui hanno partecipato alcuni giornalisti del Sole 24 Ore, ha dimostrato – sottolinea Angeloni – come non ci sia azienda che, per business, non possa essere sostenibile”. Coinvolgendo gli studenti dell’Università Statale di Milano, in una prospettiva che non perda di vista l’ottica intergenerazionale della sostenibilità, Angeloni ricorda come le «le video-interviste, oggetto dello studio siano state realizzate da studentesse e studenti della Statale appartenenti a diversi corsi, dopo un’opportunità attività formativa sui fattori Esg e sulle soft skill».Maurizio Fieschi evidenzia che se «fino a qualche anno fa il valore della sostenibilità era considerato dalle aziende marginale, utile a conquistare piccole quote di mercato, e ci si affidava sostanzialmente ad azioni e strumenti di tipo volontario (sistemi di gestione, etichette di prodotto eccetera), si è iniziato a scalfire questa situazione quando alcuni studi hanno valutato le “esternalità” del sistema produttivo ed economico». Spiega sempre Fieschi come «dal 2001 la Commissione Europea abbia pubblicato la Integrated Product Policy (Ipp) e introdotto il concetto di prezzo giusto, iniziando a dichiarare la necessità di valutare il vero valore della sostenibilità. L’incrocio di questa nuova considerazione economica con le crescenti emergenze climatiche e l’aumento delle conoscenze sui possibili scenari futuri ha portato all’innalzamento della considerazione dei temi di sostenibilità nell’analisi dei rischi. Questo nuovo scenario ha condotto a considerare la sostenibilità come un valore sostanziale che va tutelato al pari, se non più, di altri valori già presenti nelle considerazioni economiche e strategiche del mondo finanziario».

(tratto dal Sole24 ore)

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